LE DONNE, IL MITO DELLA MADRE, L’IMPRESA

Rappresentare la differenza e l’Altro nelle donne è quanto di più facile possa accadere: la paura delle donne ha alimentato dottrine religiose e sistemi filosofici, da Platone e Aristotele ai loro epiloghi nei vari fondamentalismi. Solo quando si apre una breccia per l’irruzione delle donne nella parola, come nel rinascimento, fioriscono le arti e le invenzioni e vengono meno razzismi e intolleranze, che limitano lo scambio e impoveriscono le società. Come può divenire caso di qualità chi si situa fra le donne o rappresenta nelle donne la differenza e l’Altro? Assegnare a qualcuno la differenza vale a porre un limite anche al proprio itinerario, vale a rassegnarsi nell’idea di origine, dicendo per esempio “Io non potrò divenire scrittore perché sono nato in una famiglia incolta”, “Non posso divenire presidente del consiglio di amministrazione perché sono una donna”. L’idea di origine è idea di appartenenza a un gruppo, una casta, una razza, un genere. Che cosa sono, cosa vogliono, come godono le donne? Sono domande che si sono poste nei secoli la filosofia, la politica, la medicina. Chi presume di conoscere le risposte rinuncia alla ricerca e all’impresa libere, perché abbraccia una dottrina che assegna a ognuno, non solo alle donne, un posto e un ruolo prestabiliti. Da qui la credenza che ognuno aspetti la fine della performance giornaliera per spogliarsi degli abiti di scena e godere della sua “vera identità”. Ma quale capitano aspirerebbe alla fine della battaglia? Perché la giornata segua il suo ritmo, senza rappresentazioni di alti e bassi, occorre il mito della madre, non la madre mitica o ideale. Ma che cos’è e in che modo s’instaura il mito della madre, senza cui non c’è sessualità? A questa e altre domande risponderà Anna Spadafora.

La conferenza, organizzata dall’Associazione Culturale Progetto Emilia Romagna e dall’Equipe Cifrematica di Modena, si è tenuta lunedì 13 febbraio 2012 presso il Palazzo dei Musei di Modena.