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OCCORRE AUMENTARE LA CRESCITA E LA DOMANDA DI MERCATO, MA NON RIDURRE LA SPESA PUBBLICA.

AMARTYA SEN
premio Nobel per l’economia

 

Occorre aumentare la crescita e la domanda di mercato, ma non ridurre la spesa pubblica.

La crisi economica e finanziaria è incominciata nel 2008 con il crack di Lehman Brothers. A che punto siamo arrivati nel 2015?
La situazione non è la stessa nei vari paesi colpiti. L’Italia, per esempio, è stata coinvolta nella crisi in un modo che si sarebbe potuto evitare, se la politica economica dell’Unione europea e della BCE fosse stata più appropriata alla natura della crisi stessa.
Altre nazioni, come la Cina e l’India, hanno avuto qualche difficoltà, ma non sono state colpite altrettanto duramente. Credo però che l’Europa sia l’unica a cercare di risolvere i problemi creati dalla recessione riducendo la potenzialità di crescita economica e la domanda di mercato e tagliando spesso la spesa pubblica, senza considerare che i costi di qualcuno sono gli utili di qualcun altro, come notoriamente rilevò John Maynard Keynes negli anni trenta. L’Europa sta adottando una politica simile a quella che il presidente Hoover mise in atto negli Stati Uniti negli anni trenta e che stava mandando l’economia in malora.
Tutto questo fino all’avvento del New Deal e all’arrivo di Franklin Roosevelt, che provocò una svolta nel pensiero economico — del quale John Maynard Keynes fu il principale fautore — e un cambiamento di rotta nella politica economica e nel mercato, che presero piede nella seconda metà degli anni trenta e da cui si generarono un eccesso di domanda e un incremento del reimpiego, maggiore rispetto al periodo della recessione.
Quando invece, dinanzi alla disoccupazione, alle risorse inutilizzate e alla morte di migliaia di aziende, in larga parte causata dalla crisi del 2008, si crede di potere gestire e contenere il fenomeno con l’austerità, senza rendersi conto dell’impatto che può avere sulle potenzialità di un’economia, allora si compie un grave errore. E la cosa è ancora più grave se pensiamo che è un errore così banale ed elementare, che è difficile credere sia stato commesso da leader così preparati in materia economica e finanziaria! Tra l’altro, sono standard di macroeconomia che s’insegnano agli studenti: il pensiero keynesiano è stato messo in atto tra gli anni trenta e cinquanta e già dagli anni sessanta era uno dei modelli economici studiati nelle università. Trovo difficile credere che alla Banca Centrale Europea non sapessero ciò che dovrebbe sapere un giovane studente universitario e cioè che non si deve ridurre la spesa economica in una fase di disoccupazione, in cui le risorse sono inutilizzate.
Ma forse non ci si dovrebbe sorprendere, considerando che nella storia del mondo alcune delle persone più intelligenti hanno commesso gli errori più gravi e più difficili da comprendere. Allora, credo che la lezione principale sia di non fidarsi del talento delle persone, ma di analizzare i fattori in gioco.
Di tutto il gruppo del G20 l’Italia è l’unico paese ancora fermo al 2008, un paese che non cresce da 25 anni, da un’intera generazione, dopo essere cresciuto negli anni del dopoguerra con tassi che si potevano definire indiani o cinesi.
Avendo frequentato l’Italia già dagli anni cinquanta, anche per ragioni familiari, cosa pensa che stiamo sbagliando e cosa dovremmo fare per uscire finalmente dalla crisi?
Venni in Italia la prima volta nel 1954, non per motivi familiari, ma perché ero affascinato dalla pittura italiana del Rinascimento. Visitai molti musei e città d’arte, come Firenze, Venezia, Verona, Milano e Perugia, oltre che Modena. Nel mio girovagare ho potuto vedere, osservare e ammirare le meraviglie nate dalla pittura e dalla scultura italiane.
I miei legami familiari arrivarono più tardi, quando conobbi la mia precedente moglie, che in seguito morì di cancro all’età di 42 anni. Suo padre, Eugenio Colorni, che era professore di filosofia e aveva partecipato anche alla Resistenza, fu ucciso dai fascisti a Roma due giorni prima che gli americani la liberassero. All’epoca, collaborava alla redazione del quotidiano “Avanti!”, di cui Mussolini fu direttore quando era socialista. Un giorno i fascisti lo attesero negli uffici del giornale chiedendogli la lista dei sottoscrittori. Lui tentò di scappare, ma gli spararono. Successivamente, mia suocera si risposò con Altiero Spinelli, anch’egli profondamente coinvolto nella politica e padre di alcuni movimenti europei.
Così, due dei tre autori che scrissero la dichiarazione di Ventotene, Altiero Spinelli ed Eugenio Colorni, erano della mia famiglia, mentre Ernesto Rossi era l’unico con cui non avevo legami di parentela. Nonostante avessero provenienze politiche differenti, si allearono attorno a un nucleo comune, con il progetto di riunire l’Europa. Ma facevano riferimento a un’unione politica e culturale europea, non monetaria e finanziaria. L’idea di un’unione bancaria, di carattere finanziario e monetario, è straordinaria e non credo che Altiero Spinelli avrebbe avuto nulla da ridire in proposito. Ma quando quest’idea prese forma in Europa, credo si sia caduti in un grave errore, è stato il primo passo falso verso il raggiungimento di un’unità europea e oggi, avendo la stessa moneta, una moneta unica, l’Europa semplicemente perde la possibilità di uscire dalla crisi.
Quando, nel 1992, l’Inghilterra andò incontro a una crisi valutaria, George Soros mise in atto una speculazione, sapendo che l’Inghilterra avrebbe avuto la possibilità di uscire dalla crisi solo grazie a una svalutazione. Con questa speculazione Soros divenne un multimiliardario e l’Inghilterra dovette svalutare la propria moneta.
Oggi, la Grecia non potrebbe farlo, neanche l’Italia o il Portogallo, come nessun paese dell’Unione europea, perché hanno tutti la stessa moneta. Ecco perché il solo modo per ottenere lo stesso risultato è quello di abbassare gli standard di vita, ma è molto costoso in termini umani. Eppure, questa è, in larga misura, la politica che è stata adottata da un gran numero di nazioni europee.
Guarda caso la Germania non ha sofferto a seguito dell’introduzione della moneta unica, perché il marco, che è molto simile all’euro, è stato sottostimato. La Germania si è lamentata del fatto che la Cina stia tenendo ingiustamente sottovalutata la propria moneta, in modo da vendere più facilmente le merci. Ma la stessa cosa possiamo dire delle merci tedesche.
I paesi che invece hanno sopravvalutato la propria moneta, come la Grecia, per esempio, hanno grandi difficoltà nel vendere qualunque cosa.
Pensare che questo possa essere il primo passo per un’Europa unita è folle. Oggi l’Europa è molto meno unita del periodo precedente al trattato di Maastricht. Credo che l’Euro sia stato un errore, come la politica dell’austerità. Ma l’errore ancora maggiore credo sia stato confondere due cose molto diverse tra loro. Intendo dire che la Grecia, l’Italia e molte altre nazioni hanno bisogno di riforme in diversi ambiti, riforme molto serie e radicali. Le tasse sono troppo alte e anche l’età pensionabile è troppo elevata. Non parlo delle poche persone come me, che a 81 anni lavorano ancora a tempo pieno, ma della maggioranza delle persone che ha molti problemi di salute con l’avanzare degli anni e non può essere costretta a lavorare.
Anche l’orario di lavoro settimanale deve essere ragionevole e occorre un sensato sistema d’incentivi nel mercato del lavoro. Ma questi e altri problemi non si risolvono con l’austerità, anzi. Anche se c’è chi crede che l’austerità sia essenziale alle riforme, legare le riforme all’austerità è come offrire ottimo cibo con un po’ di veleno all’interno: o accetti il cibo con il veleno oppure, se non vuoi il veleno, devi rinunciare anche al cibo.
Molti dei miei amici greci avrebbero voluto fortemente votare per le riforme. Ma, siccome l’unico modo per attuare certe riforme era votare per l’austerità, hanno votato contro. Questo è l’ennesimo esempio di fallimento della politica europea oggi.
Per tornare ai miei familiari, tutto ciò è incredibilmente lontano dalle dichiarazioni di Ventotene. Mi rattrista pensare che un’idea così brillante, una delle più grandi idee della storia sia stata distrutta così, da un cattivo modo di fare politica.

Il testo di Amartya Sen è tratto dall’incontro tenutosi alla Camera di Commercio di Modena il 9 maggio 2015, in occasione dell’inaugurazione dei Giardini del gusto e dell’arte, a cura di Piacere Modena (Palatipico Srl).